Come Estinguere I Debiti Con L’Agenzia delle Entrate Con L’Esdebitazione

Come sanare i debiti con l’esdebitazione?

Come togliersi i debiti senza pagare tutto quello che dovevamo ai creditori?

Come funziona la procedura di esdebitazione con l’Agenzia delle Entrate?

Queste sono tutte domande fondamentali per coloro che hanno ricevuto una o più cartelle esattoriali, non riescono a pagare e rischiano concretamente un pignoramento.

Da questo punto di vista, l’esdebitazione è quella procedura disciplinata dalla legge 3/2012 sul sovraindebitamento che consente a cittadini e partite iva di cancellare tutti quei debiti che per una seria difficoltà economica non sono in grado di sostenere.

Chi infatti non riesce a pagare l’Agenzie delle Entrate subisce precisi e specifici atti formali come l’iscrizione a ruolo del debito ovvero la registrazione delle somme non pagate e richieste all’interno di una lista spedita all’agente di riscossione, la notifica successiva della cartella esattoriale da parte dell’Agenzia Entrate e riscossione e successivamente, secondo un iter preciso, addirittura al pignoramenti dei beni da parte dell’Agenzia stessa.

I debiti con l’Agenzia delle Entrate, da questo punto di vista, riguardano sia le imposte dirette ed indirette che le tasse.

Le imposte dirette sono l’IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche), l’IRES (imposta sul reddito delle società), l’IRI (imposta sul reddito imprenditoriale), l’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive), l’ISOS (imposta sostitutiva sui redditi da capitale) e l’IMU (imposta municipale unica).

Le Imposte indirette invece sono l’IVA (imposta sul valore aggiunto), l’imposta di registro, l’imposta di bollo, l’imposta sulle successioni e sulle donazioni, l’imposta catastale ed infine quelle ipotecaria.

Le tasse invece sono la tassa sui rifiuti (Tari), il canone RAI, il contributo unificato per le spese di giustizia, le tasse di concessione governativa, la TOSAP (la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche) ed ulteriori.

Da questo punto di vista, la procedura di esdebitazione è in grado di cancellare i debiti con l’Agenzia delle Entrate ma esistono dei prerequisiti per accedervi.

I tre pre-requisiti fondamentali per poter usufruire della procedura sono 1) che il debitore non sia fallibile, 2) che non siano presenti condizioni ostative e che sussista al 100% la condizione di sovraindebitamento.

Andiamo a vederle una ad una.

Per debitore non fallibile s’intendono le seguenti categorie: un’impresa agricola, una start up innovativa a non oltre quattro anni dalla sua costituzione, l’impresa commerciale non fallibile, i consumatori, i professionisti, gli artisti, i lavoratori autonomi, le società tra professionisti, gli imprenditori commerciali fallibili eliminati dal registro delle imprese da più di un anno, le associazioni, le associazioni professionali e gli studi professionali associati.

Per quanto attiene invece le condizioni ostative e i requisiti, il debitore deve avere un ammontare dei debiti inferiore ai 500.000€, anche se i debiti non sono scaduti.

Nei tre esercizi antecedenti alla data di deposito poi, da un lato il debitore non deve aver fatto ricavi lordi sopra i 200.000€ e dall’altro non deve possedere un attivo patrimoniale di un ammontare totale sopra i 300.000€.

Se è presente anche una di queste condizioni ostative, il debitore è considerato fallibile e non può accedere all’esdebitazione se non per per i debiti non pagati e scaduti sotto i 30.000€.

Inoltre, tra i requisiti per l’esdebitazione vanno citati: 1. che il debitore non sia già soggetto a procedure concorsuali, 2. che non abbia subito a causa sua l’annullamento oppure la risoluzione dell’accordo o la cessazione o la revoca degli effetti dell’omologazione e 3. che non abbia fatto già ricorso ad una procedura di sovraindebitamento nei 5 anni precedenti.

Per quanto riguarda poi la procedura di esdebitazione. la Legge 3/2012 è molto rigorosa e all’articolo 11 e successivi esibisce tutta una serie di indicazioni formali da seguire pedissequamente.

Ad esempio, per quanto concerne la proposta di accordo con i creditori, i creditori devono assolutamente inviare una dichiarazione scritta di consenso all’Organismo di composizione della crisi per raccomandata con ricevuta di ritorno, telefax o posta elettronica certificata. La dichiarazione può essere modificata ma almeno 10 giorni dalla prima udienza.

In mancanza di dichiarazione si presume che abbiano prestato consenso.

Tuttavia, i creditori che non hanno voluto o potuto partecipare al voto, possono far arrivare il loro dissenso in forma scritta fino a venti giorni dopo la chiusura del verbale di adunanza di tutti i creditori.

La proposta di accordo poi secondo l’articolo 12, può essere ritenuta omologata se l’accordo è raggiunto con creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti.

In tal senso i creditori privilegiati, ovvero muniti di un privilegio come un pegno o un’ipoteca di cui la proposta prevede il pagamento integrale, non sono computati nel calcolo e non possono esprimersi a riguardo a meno che non rinuncino in parte o in tutto al loro diritto di prelazione.

A tal proposito, non si possono esprimere sulla proposta neanche il coniuge del debitori e i parenti e affini fino al quarto grado oltre ai cessionari e aggiudicatari dei crediti da meno di un anno precedente alla proposta.

L’accordo poi, cessa legalmente qualora il debitore non si attenga a tutto quello che ci è scritto entro e non oltre 90 giorni dalle scadenze secondo le linee guida del piano alle amministrazioni pubbliche e a tutti quanti gli enti gestori di forme di previdenza oppure di assistenza obbligatorie.

L’accordo formale si conclude poi anche in cado di frodi a danni di uno o più creditori.

Inoltre, ogni accordo stipulato, sia non determina la novazione delle obbligazioni a meno che non venga stabilito formalmente, sia non pregiudica tutti quei diritti che i creditori hanno maturato sui coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso.

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Giuseppe Monardo

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