Dal 15 luglio 2022 entra in vigore il nuovo Codice della Crisi e con esso tutti quanti gli strumenti in grado di aiutare l’imprenditore a gestire i propri debiti in essere con il fisco.
Tra questi, uno dei più importanti e soprattutto utili, è il nuovo concordato preventivo in continuità.
L’impresa, in questo caso, può decidere di gestire la propria crisi fiscale attraverso una ristrutturazione preventiva ed un piano di risanamento.
Come?
Proseguendo l’attività d’impresa ma modificando attività e passività del capitale, stato, composizione e struttura.
Il concordato preventivo in continuità infatti, prevede la prosecuzione dell’attività d’impresa cedendo l’azienda in esercizio in una o più società, vecchie o di nuova costituzione.
Questo può essere fatto anche in presenza di un voto contrario dell’amministrazione finanziaria (Il d.l. 118/2021, convertito nella legge 21 ottobre 2021, n. 147), quando la proposta del debitore presenta una relazione di un professionista in grado di dimostrare che il concordato sia più conveniente per il creditore rispetto alla liquidazione della società.
La relazione del professionista specializzato deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la reale fattibilità del piano, oltre ad attestare che la prosecuzione dell’attività sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.
Per questo motivo, deve contenere un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività di impresa prevista dal piano di concordato con un perfetto conto economico previsionale e dati fondati sia in ottica industriale che commerciale.
Naturalmente dovranno essere elencate le risorse finanziarie necessarie e le relative modalità di copertura con un preciso prospetto dei cash flow previsionali, allineato al conto economico.
Cosa importante: il concordato con continuità aziendale non si applica la soglia minima di soddisfazione del 20% dei crediti chirografari, come previsto dall’art. 160 l.f.
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